Trovata intesa tra presidenti pro loco per una comune maialata domenicale. L’intesa, aperta a tutti i colleghi, propone l’istituzione della giornata della maialata (o porcata) per la seconda domenica di febbraio. L’obbligo per gli aderenti é di cucinare e gustare almeno una pietanza di carne suina, e darne testimonianza sulla pagina social: Evento: Gran Maialata
Per il prossimo anno, si potrebbe organizzare una grande porcata in presenza tutti insieme.
In attesa della tua adesione, domani io e Gigi ci alleniamo con questa porca ricetta: carne e puorco cu’ patane e pupachjelle
Giornata della Maialata, o gran porcata, vuole essere la festa di Saperi e sapori dedicata al maiale ed alle sue carni.
E’ una sagra conviviale in cui si degustano i piatti tipici della tradizione locale, dai salumi tipici al “pane e sfrittole”, da “cotena e fasul” a “costarizze e pupacchiol”, da “purpett e puorc” a “vruoccole e sasicchio”, dalla porchetta ad altre succulenti pietanze. Ma è anche l’occasione per ricordare e conservare le antiche tecniche locali di lavorazione della carne suina e preparazione degli insaccati che nelle famiglie contadine rappresenta, oltre che un momento di festa ed aggregazione, anche una certezza alimentare ed una dispensa per far fronte al fabbisogno del domani.
E’ una sagra conviviale in cui si degustano i piatti tipici della tradizione locale, dai salumi tipici al “pane e sfrittole”, da “cotena e fasul” a “costarizze e pupacchiol”, da “purpett e puorc” a “vruoccole e sasicchio”, dalla porchetta ad altre succulenti pietanze. Ma è anche l’occasione per ricordare e conservare le antiche tecniche locali di lavorazione della carne suina e preparazione degli insaccati che nelle famiglie contadine rappresenta, oltre che un momento di festa ed aggregazione, anche una certezza alimentare ed una dispensa per far fronte al fabbisogno del domani.
Prima della pandemia la “Gran Maialata” era una iniziativa avente l’obiettivo di recuperare la radice del maiale allevato in casa, una delle rare usanze che il mondo contadino continua a custodire gelosamente, che resiste al tempo nonostante la vita rurale abbia subito profondi cambiamenti. Una tradizione, che è apprezzata grazie all’affermazione della cultura del gusto, e che in questo periodo di crisi riprende vigore per l’accostamento del maiale domestico a salvadanaio della famiglia rurale. In un passato non molto lontano da oggi, in ogni famiglia si allevava il maiale per l’inverno. Esso veniva acquistato per ingrassarlo alla fiera di Sant’Antonio che si teneva il 13 di giugno. Con l’arrivo dell’inverno, da dicembre a febbraio, i maiali sani e cicciottelli venivano macellati e trasformati in salumi. Le fasi della macellazione, lavorazione e trasformazione del “porco” si consumavano in tre giorni e richiedevano la partecipazione di tutti i componenti della famiglia oltre al “masto chianchiero” ed aiutanti scelti tra aprenti ed amici. Erano tre giorni di lavoro ma anche una vera e propria festa, durante la quale ci si riuniva, si lavorava, si scherzava e… si mangiava. Tutti i componenti della famiglia, amici, parenti, vicinato erano presi e coinvolti durante questa giornata. Quando si uccideva il maiale non si diceva mai “povera bestia”! Niente veniva buttato, bensì tutto lavorato e trasformato. Tradizione era anche preparare e regalare a parenti ed amici stretti il “piatto”, un omaggio sacrale ed amicale fatto con porzioni di fegato, sangue cotto, costatelle e fette di carne.