SAN MANGO PIEMONTE
A piè del monte di Tubenna e della Merola il Castello e della Stella i contrafforti siede un bel paese che San Mango s’appella: contornato di colline dalla parte di mezzodì ad Oriente di Valle Piana i monti lontani, della Cava ad Occidente lo sguardo quelli mira. A piè dei monti l’abitato s’asside, e l’angusta valle tutti ben coltivati i fianchi ha di fertile terreno impinguati: l’arancio vi fiorisce e dolci frutti vi partorisce, sovrana la vite v’è piantata che l’inebbriante succo a Bacco somministra, d’uliveti son cosparsi i pendii della montagna e di boschi verdeggianti, il re della montagna anch’esso vi risiede, e la forte quercia, v’è ben piantata per ingrasciar di S. Antonio il compagno. Il municipio s’affaccia sulla via ch’a Castiglion s’incammina; tra l’arancio ed i vigneti, fra l’ulivo ed i castagneti, contornato ed ombreggiato dalla quercia e dal tiglio della chiesa di S. Antonio il campanile modesto s’erge; di Santa Maria una seconda chiesa nel bel mezzo del paese, umile e disadorna accoglie nei dì festivi del villaggio la divota gente: rinnovata ed adornata, imbiancata ed infiorata un dì ella sarà. Di palazzi principali solo tre ve ne sono, e sul ponte al destro lato, mesta e silenziosa una palazzina se ne sta: i balconi, poveretti, una rosa v’aspettano che li adorni e vi fiorisca. D’autorità v’è De Vita Sindaco farmacista che per stagnare dei putatori il salasso con pura acqua della fontana qualche droga somministra; un dottorino piccolino bene in gamba vi sta ed a cavallo se ne va; Don Arturo ammiraglio giammai fu, ma i marinai al suo comando ebbe tanti e le novelle ci racconta di tutto il mondo; di bianco e mirabil pelo è Don Nicola ben formato e rispettabile; e Don Antonio con la Moiana l’è mal famoso nel paese e nei dintorni e pur lontano; Amodio, vecchia volpe, a riposo se ne sta; e Giacomino di verbali si diletta; La fornace di Don Ruggiero pietra viva sa bruciare che in calce si converte per la fabbrica dei villini; e Giosuè l’è nominato di vino bevitor e galline mangiator: Don Antonio e Don Camillo Interrogar voi potete. C’è il Circolo Sannazzaro dei nobili giocator, e da Manzoni l’altro nome ha, dove l’elemento turbolento si diverte; Di Dantuccio la sartoria è il ritrovo intellettual, e nella casa senza pace uno zingaro vagante si posò: a disagio ei vi sta e tollerato ozioso i giorni passa; palpitante l’alma ha, ogni mattina ad Occidente una stella brillante fissa il solitario, al pomeriggio il sole splendente che lontano v’à tuffarsi nelle acque profonde della Terra del Fuoco.
scritta il 4 dicembre 1924
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A PIETRO COSTANTINO
Pietro, in sulla sessantina certo sei o giù di lì, il naso schiacciato hai e volto all’insù, sei colorito e discretamente nutrito. I baffi grigi son e due occhietti hai che ti brillano in fronte, e sul labbro il risolin quando mi parli, sei intelligente e non ci pari. Il corpo tuo l’è diritto e l’animo hai giovanile. Ti ricordi ancor di quella vita americana e dici ancor “Good fellow”; Bravo Pietro, simpatico tu mi sei, sullo scaletto ogni mattina sali e, tic tac, colle forbici i cirri tutti tagli e le vecchie tese ed inutil tralci, d’ulivo vi poni poi qualche frasca e ben bene leghi allo spalatron le viti. Così la puta fai Pietro, ed i miei occhi rivolti a te sono e le speranze all’opra tua. I nuovi tralci che tu sì ben prepari alla nuova primavera di verdi pampini rivestiti saranno e la bionda e nera uva ci produrranno che l’occhio ed il palato ci delizieranno ed al cor pace infonderanno.
scritta il 17 novembre 1924
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