Poesie scritte nel 1924 da Giuseppe Naddeo

SAN MANGO PIEMONTE

 

A piè del monte di Tubenna

e della Merola il Castello

e della Stella i contrafforti

siede un bel paese

che San Mango s’appella:

contornato di colline

dalla parte di mezzodì

ad Oriente di Valle Piana

i monti lontani,

della Cava ad Occidente

lo sguardo quelli mira.

A piè dei monti

l’abitato s’asside,

e l’angusta valle

tutti ben coltivati

i fianchi ha

di fertile terreno impinguati:

l’arancio vi fiorisce

e dolci frutti vi partorisce,

sovrana la vite v’è piantata

che l’inebbriante succo

a Bacco somministra,

d’uliveti son cosparsi

i pendii della montagna

e di boschi verdeggianti,

il re della montagna

anch’esso vi risiede,

e la forte quercia,

v’è ben piantata

per ingrasciar

di S. Antonio

il compagno.

Il municipio s’affaccia

sulla via ch’a Castiglion

s’incammina;

tra l’arancio ed i vigneti,

fra l’ulivo ed i castagneti,

contornato ed ombreggiato

dalla quercia e dal tiglio

della chiesa di S. Antonio

il campanile modesto s’erge;

di Santa Maria

una seconda chiesa

nel bel mezzo del paese,

umile e disadorna

accoglie nei dì festivi

del villaggio la divota gente:

rinnovata ed adornata,

imbiancata ed infiorata

un dì ella sarà.

Di palazzi principali

solo tre ve ne sono,

e sul ponte al destro lato,

mesta e silenziosa

una palazzina

se ne sta:

i balconi, poveretti,

una rosa v’aspettano

che li adorni e vi fiorisca.

D’autorità v’è De Vita

Sindaco farmacista

che per stagnare

dei putatori il salasso

con pura acqua della fontana

qualche droga somministra;

un dottorino piccolino

bene in gamba vi sta

ed a cavallo se ne va;

Don Arturo ammiraglio

giammai fu,

ma i marinai

al suo comando

ebbe tanti

e le novelle ci racconta

di tutto il mondo;

di bianco e mirabil pelo

è Don Nicola

ben formato e rispettabile;

e Don Antonio con la Moiana

l’è mal famoso nel paese

e nei dintorni e pur lontano;

Amodio, vecchia volpe,

a riposo se ne sta;

e Giacomino di verbali

si diletta;

La fornace di Don Ruggiero

pietra viva sa bruciare

che in calce si converte

per la fabbrica dei villini;

e Giosuè l’è nominato

di vino bevitor

e galline mangiator:

Don Antonio e Don Camillo

Interrogar voi potete.

C’è il Circolo Sannazzaro

dei nobili giocator,

e da Manzoni

l’altro nome ha,

dove l’elemento turbolento

si diverte;

Di Dantuccio la sartoria

è il ritrovo intellettual,

e nella casa senza pace

uno zingaro vagante

si posò:

a disagio ei vi sta

e tollerato ozioso i giorni passa;

palpitante l’alma ha,

ogni mattina ad Occidente

una stella brillante

fissa il solitario,

al pomeriggio il sole splendente

che lontano v’à tuffarsi

nelle acque profonde

della Terra del Fuoco.

 

scritta il 4 dicembre 1924

 

A PIETRO COSTANTINO

 

 Pietro, in sulla sessantina

certo sei o giù di lì,

il naso schiacciato hai

e volto all’insù,

sei colorito e discretamente

nutrito.

I baffi grigi son

e due occhietti hai

che ti brillano in fronte,

e sul labbro il risolin

quando mi parli,

sei intelligente e non ci pari.

Il corpo tuo l’è diritto

e l’animo hai giovanile.

Ti ricordi ancor

di quella vita americana

e dici ancor “Good fellow”;

Bravo Pietro,

simpatico tu mi sei,

sullo scaletto ogni mattina

sali e, tic tac,

colle forbici i cirri

tutti tagli

e le vecchie tese

ed inutil tralci,

d’ulivo vi poni poi

qualche frasca

e ben bene leghi

allo spalatron le viti.

Così la puta fai

Pietro, ed i miei occhi

rivolti a te sono

e le speranze all’opra tua.

I nuovi tralci

che tu sì ben prepari

alla nuova primavera

di verdi pampini

rivestiti saranno

e la bionda e nera

uva ci produrranno

che l’occhio ed il palato

ci delizieranno

ed al cor pace

infonderanno.

 

                                scritta il 17 novembre 1924

 

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