Al Premio Tubenna esordio del “Festival delle felicità”, madrina Eva Alfinito.

Presentato alla XV edizione del Premio d’arte e cultura “Città del Tubenna” il “Festival delle Felicità” ovvero la ricerca e conoscenza delle radici etiche e filosofiche del buon vivere.

Madrina della prima edizione Eva Alfinito, vincitrice del Premio “Città del Tubenna”, sezione poesia, dello scorso anno, che ha concluso con una sua riflessione poetica la interessante lezione di estetica filosofica del prof. Franco Nicolino, e l’intervento del prof. Enzo Vitolo.

 

CHIEDIMI COS’È LA FELICITÀ di Eva Alfinito

Tempo fa ho scritto un racconto. Si intitolava “L’AMORE È UN’IDEA ED IO NON HO IDEA DI COSA SIA”
Sottolineava l’impossibilità di cogliere la vera essenza dell’amore perché nel momento stesso in cui ne veniamo coinvolti, esso perde la sua purezza e finisce per  snaturarsi trasformandosi in qualcos’altro. Diviene trasporto, passione, ossessione, affetto e si allontana dal suo significato originario.
Potrei scrivere un racconto sulla felicità ed avrebbe suppergiù lo stesso titolo, perché credo che un concetto come la felicità, così puro, così astrattamente utopistico, non possa essere definito perché non può essere concepito se non attraverso l’idealizzazione del concetto stesso.
Tale ineffabilità vale anche per l’amore.
Quasi mai amiamo una persona per quello che è. Amiamo quasi sempre  l’idea che ci siamo fatti di quella persona. Amiamo una nostra idea, quindi, in definitiva, non facciamo altro che amare noi stessi.
Allo stesso modo amiamo l’idea di felicità che ci siamo costruiti.
E difficilmente essa combacia con le soddisfazioni che la vita ci offre. Soddisfazioni che finiamo per sminuire nel momento in cui le mettiamo a confronto con l’ideale di vita che abbiamo plasmato nella nostra mente; quando i nostri desideri, le nostre aspettative sono più capricci che obiettivi e si ispirano a modelli fuorvianti che poco hanno a che fare con la realizzazione delle nostre vere ambizioni, anzi spesso finiscono per soffocare il nostro  talento individuale.
Una tra le definizioni della felicità  vede la stessa come il soddisfacimento di un desiderio.
Io credo, invece, che desiderare la felicità sia una contraddizione in termini.
Il desiderio è alimentato da una mancanza.
Il desiderio è smania di qualcosa che non è.
Il suo principio è nell’assenza, quindi per giovarsi della felicità e non solo dello stato di  effimero benessere legato al desiderio,
bisognerebbe smettere di desiderare e lasciarsi trasportare dall’onda dell’accadere, godendo del suo dondolio.
Sembra facile!
Sarebbe come chiedere ad un uccello di smettere di volare.
Sarebbe come chiedere ad Eva di non mangiare la mela.
Non era forse felice, tra le delizie del Paradiso?
Perché disobbedì?
Perché la disobbedienza è sempre il primo passo verso la conoscenza.
Perché il desiderio, la curiosità, l’ardire, non sempre portano alla felicità, ma sono le scintille che alimentano la fiamma del sapere.
E qui forse è superfluo andar a scomodare Dante, ma è chiaro che nati non fummo a viver come bruti.

“Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti,
ma per seguir virtute e canoscenza”.

(Inf. IIVI  vv. 112-120).

Siamo nati uomini e siamo nati liberi e per rimanere tali dobbiamo poter scegliere liberamente. Solo la conoscenza ci offre gli strumenti per fare le scelte migliori, anche se le scelte migliori non sono sempre le più felici; anche se la consapevolezza è un traguardo quasi sempre sofferto e non sempre ci libera dalla sofferenza.
Per un pessimista come Giacomo Leopardi, la conoscenza è addirittura la prima causa dell’infelicità.
Eppure ci ha perso la vista sulle sue sudate carte!
I più grandi filosofi ci hanno perso il sonno intorno alla ricerca della felicità, ma nessuno di loro ci ha mai fornito veramente la chiave per accedere alla pace dell’anima.
Ci hanno solo dato una visione soggettiva del loro concetto di felicità.
Forse per raggiungere la felicità bisognerebbe smettere di cercarla, o forse, bisognerebbe smettere di porselo, il problema, e continuare, in una notte come questa, a guardare le stelle senza mai smettere di  desiderare.
Senza mai smettere di cercare.
Senza mai smettere di sognare.

 

NON CHIEDO ALTRO

Non chiedo altro.
Ti chiedo solo
di poter desiderare ancora.
E per questo non ho bisogno di te,
perché è dall’assenza
che nasce il desiderio.
Non ti chiedo
di colmare alcun vuoto,
perché è nel vuoto
che il desiderio risiede.
Non ho bisogno di te,
perché ho già tutto ciò
di cui ho bisogno.
Ti chiedo solo
di rimanere lì dove sei
e lasciare che la mia anima
ti raggiunga…

Eva 4/8/18

 

“Sfuggo ciò che mi insegue. Ciò che mi sfugge inseguo.”

Orazio

 

 

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