Pranzo sociale all’insegna di gustannurca e delle tradizioni locali. Maialino nero e mela annurca, un connubio gastronomico antico, di gusto e di compagnia.

La Gran Porcata è una iniziativa a continuazione del progetto “gustannurca”: tutela e valorizzazione delle tradizioni e delle risorse agroalimentari nostrane.

E’ una festa di saperi e sapori dedicata al maiale e ad una delle   sue principali fonti di alimentazione, la mela annurca, il cui nome deriva dal latino mala orcula, così chiamata perché nell’antichità  era cibo per i maiali. E’ un simposio rural-gastronomico in cui si degustano pietanze tipiche preparate con ingredienti tratti dal paniere delle eccellenze agroalimentari locali. E’ occasione per ricordare e conservare le antiche tecniche locali di lavorazione della carne suina e preparazione degli insaccati che nelle famiglie contadine rappresenta, oltre che momento di festa ed aggregazione per tutta la famiglia, anche una certezza  alimentare ed una provvista di carne per tutto l’anno, come la scorta di mela annurca rappresenta  una provvista di frutta fresca e genuina per tutto l’inverno e la primavera.

E mentre la mela annurca è la regina delle mele, il maiale è il re della tavola nei tempi antichi.

L’allevamento del maiale è di vitale importanza nell’economia e nella cultura contadina. A seconda delle possibilità economiche, quasi tutte le famiglie allevavano, una volta, il maiale.

Si diceva:“ N’uortu e ‘nu puorcu risuscitano ‘nu morto”.

Tradizione vuole che le famiglie locali acquistassero il porcellino alla fiera di Sant’Antonio del 13 di giugno e poi ingrassarlo in casa principalmente con gli avanzi della propria alimentazione umana ed i frutti della produzione agricola locale, come la mela annurca.

Con l’arrivo dell’inverno, da dicembre a febbraio, i maiali sani e cicciottelli venivano macellati e trasformati in salumi.

Le fasi della macellazione, lavorazione e trasformazione del porco si consumavano in tre giorni e richiedevano la partecipazione di tutti i componenti della famiglia, oltre al “masto chianchiero” ed aiutanti scelti tra parenti ed amici.

Erano tre giorni di lavoro ma anche  una vera e propria festa, durante la quale ci si riuniva, si lavorava, si scherzava e… si mangiava. Niente veniva buttato, bensì ogni pezzo del “povero puorco” veniva lavorato,  trasformato e consumato.

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